1 febbraio 2008
Il paradosso informazione giustizia
Ieri sera nella puntata di Annozero si è parlato del caso Cuffaro e dell'intreccio mafia-sanità-regione Sicilia.
Oggi come prevedibile parte la sceneggiata garantista, il presidente dell'autorità per le comunicazioni Calabrò dice: stop agli pseudo-processi.
Va premesso che in Italia come sottolineano tutti si è innocenti fino a prova contraria, ovvero fino al terzo grado giudizio in cui la sentenza diviene definitiva.
Detto questo, un conto sono le responsabilità di fronte alla legge, altro conto invece sono le responsabilità politiche.
Non è immaginabile che dal momento in cui si viene a conoscenza mediaticamente di "notizie di reato" si debba attendere in media 250 giorni - questi i tempi medi per un processo penale in Italia - per poterne parlare senza ledere i diritti dell'imputato.
La posizione politica di responsabilità è senza dubbio una questione di onorabilità, negli affari pubblici questa caratteristica è fondamentale ovunque. Tanto più in Italia.
E qui emerge il paradosso se l'informazione in democrazia svolge un ruolo semi-istituzionale: il cosidetto quarto potere, non è possibile immaginare che si possa discutere di tali notizie a scoppio ritardato. Qui vale un vecchio detto: quando arriva la tempesta, abbassa la testa e aspetta che passi. Il tempismo è tutto in un paese senza memoria.
E' vero c'è un costo da sopportare: la perdita di immagine prima di un accertamento dei fatti.
Ma il politico per mestiere ci mette la faccia, questo è la scelta e il rischio che si deve prendere.
Se poi l'informazione sbaglia intenzionalmente o meno, c'è sempre la possibilità di rivalersi ex-post per diffamazione. Altrimenti si rischia di svuotare di significato ed in portata il ruolo dell'informazione. Il garantismo non può essere assoluto, in politica esige una buona dose di realismo e responsabilità.
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